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DALLA FORZA GREZZA ALLA CAPACITÀ CREATIVA

Quando cerchiamo la via migliore per allenare il corpo umano, stimolarlo, mantenerlo in salute, fare si che la sua funzionalità psicofisica sia ottimale, ci troviamo sempre di fronte a una grande sfida.


Questa sfida è lo specchio della complessità della stessa natura umana, fondata sul suo intrinseco mistero, su un sistema nervoso di inesplicabile intelligenza, un mondo psichico stratificato che rende lo strumento corpo molto più di una macchina da mantenere lubrificata e forte.


Sebbene la scienza abbia fatto passi da gigante e ci fornisca centinaia di mappe attraverso cui misurare e guarire le nostre funzioni biologiche, quando pratichiamo con il corpo e vogliamo renderlo forte e prestante in modo attento e rispettoso (senza cadere nella trappola del culto della performance) ci interfacciamo con domande che oltrepassano l’ambito tecnico.


Che significato ha il nostro corpo? Quando un corpo è sufficientemente forte? Gli stati di sofferenza e malattia nel corpo sono un errore biologico oppure un luogo in cui contattare ancora più a fondo il nostro corpo fisico? Ridurre al minimo le imprevedibilità a cui l’organismo deve rispondere, attraverso ambienti sicuri e controllati, è sempre bene per mantenerci giovani e leggeri?


Da questa riflessione nasce la ricerca di un modello di lavoro che possa abbracciare in toto il movimento umano, dalla forza più grezza e meccanica alla possibilità di inventare nuove mappe neurali attraverso la pratica fisica.


La cultura del movimento generalista ha sicuramente dato il via alla possibilità di introdurre nella vita di persone non esperte nel campo dello sport o della danza una visione globale in cui fare esperienza dell’allenamento e più in generale del corpo nello spazio senza ridurre tutto alla mera adesione ad una disciplina o attività sportiva specifica o alla sola sopravvivenza.


Negli anni stanno crescendo realtà in cui la pratica fisica si ispira sempre di più ai movimenti connaturati nella storia evolutiva umana e nella sua morfologia anziché sposare necessariamente le regole e accettare i sacrifici di una singola specialità.


Questa non è certo una novità assoluta dato che molti pedagogisti del movimento già decine di anni fa (Piaget e molti altri) affermavano che un approccio polivalente è la chiave per uno sviluppo equilibrato e armonico nel bambino.


La rivoluzione sta più nel fatto che questo approccio sta raggiungendo la cultura di massa e ci si accorge essere vitale anche per gli adulti, che spesso perdono la loro grazia corporea e psichica, proprio anche a causa di un corpo che smette di essere creativo, istintivo, spontaneo, veicolo di costante esplorazione curiosa (Alexander Lowen docet).


Da qui nasce la necessità di applicare una visione di movimento tridimensionale più che un protocollo di allenamento piatto, freddo e standard, anche solo per raggiungere un risultato atletico valido per l’essere umano.


Quella che definiamo terapia della forza o ricondizionamento è il punto di partenza, attraverso cui riportare il corpo, o verificare che esso sia già in possesso di competenze di base, in termini di forza, resistenza, mobilità, abilità di svolgere movimento semplici e precisi.


Occupandoci di funzionalità quotidiana e di supporto di specialità sportive fare dei test mettendo il corpo in situazioni di movimento molto varie ma non eccessivamente intense o complicate è una buona via per verificare se il corpo si muove in modo armonico nei diversi livelli dello spazio, nello stare a terra, dal pavimento alla stazione eretta, in relazione con superfici verticali, orizzontali, in relazione a oggetti semplici, in mancanza di stabilità e così via.


Da qui attraverso il potenziamento di una forza analitica e con una particolare attenzione meccanica si può tentare di rendere più forti alcuni distretti che oggi patiscono particolarmente, la zona lombare spesso instabile, la zona cervicale spesso in spasmo, la cupola del diaframma spesso poco elastica. Lavorare su una forza elastica a largo spettro e sulla sensibilità al movimento appartiene a quel meticoloso allenamento delle fondamenta essenziali per sentirsi a proprio agio nel corpo.


Non è certo qui che termina il viaggio, attraverso l’ispirazione delle tecniche artistiche e marziali la filosofia generalista ci permette di iniziare a sperimentare con cura, progressività e pazienza infinite possibilità di movimento, inclusi gli scenari di relazione e imprevedibilità che hanno sostanziato l’esperienza umana dal giorno uno.


Occuparsi di una particolare nicchia, allenarsi per un obiettivo specifico, riabilitare una singola articolazione, limitare le variabili per verificare scientificamente la reazione di un organismo è indispensabile perchè si proceda razionalmente nella scoperta del mondo e nell’edificazione di un’educazione all’allenamento consapevole, ma senza una visione d’insieme tutto questo è destinato a crollare o, nella migliore delle ipotesi, risultare terribilmente incompleto.


Mi sento a mio agio nel mio corpo?


Riesco a fare le scale in modo sciolto e senza accusare la fatica?


Mi muovo in modo armonico mentre attraverso un bosco con terreno instabile?


Ho un dialogo aperto con il mio corpo fisico?


Mi prendo cura di lui?


Ci respiro dentro?


Cosa voglio sperimentare oggi?


Voglio dare per scontato il miracolo del respiro costante e del battito cardiaco?


Mi lascio trasportare dalla curiosità del mio corpo?


Oggi provo a fare arrampicata, o forse mi tuffo nel mare o forse ancora inizio un corso di danza contemporanea?


Quali e quante sono le possibilità?


Si dice siano probabilmente prossime all’infinito.


Filippo Mazzacano @filippolugo

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